Londra, marzo 2010.
Originario della “Levante” Bari, Giuseppe Grondona ha seguito un percorso didattico prettamente classico, percorso che l’ha portato a collaborare con svariati artisti della scena musicale Italiana dapprima, e mondiale in seguito, fino ad approdare alla multi-culturale Londra e al Drum-Tech, dove insegna Drum Concepts e Live Performance Workshop per le classi del One Year Diploma e Sight Reading per il corso Master Performance.
Daniele Pitarresi: Puoi darci una definizione di Drum Concepts?
Giuseppe Grondona: Con la premessa che il college si pone come obiettivo primario la formazione di musicisti professionisti e versatili, con Drum Concepts s’intende l’analisi degli stili musicali nei quali inevitabilmente ci si imbatterà nel corso della propria carriera. Quando si impara uno stile si sta imparando una vera e propria lingua. Così come quando si impara l’inglese bisogna ascoltare, assorbire, capire la pronuncia migliore per ogni parola e poi parlare più autenticamente possibile, lo stesso vale per ogni stile musicale. In questo corso vengono offerti gli strumenti per potersi esprimere al meglio in termini di grooves, fraseggi, suoni, velocità, partendo dall’ascolto e passando attraverso le origini e la storia che hanno creato ciò che sentiamo oggi.
DP: Cosa consigli per affrontare al meglio uno stile? Quale approccio raccomandi?
GG: Insisto nell’affermare che un ascolto accurato degli artisti che hanno dato vita e sviluppato i diversi stili musicali è, indubbiamente, un’essenziale punto di partenza che fungerà da solida base nel momento in cui vorremo esaminare questi linguaggi in maniera più tecnica.
Dopodiché consiglio di suonare su brani tipici di ogni genere, riprodurre suono e feeling che i musicisti si proponevano di trasmettere componendo ed eseguendo quel pezzo. Per ciò che riguarda l’aspetto tecnico invece, bisogna pensare ad una tecnica mirata e non assoluta, ovvero quali sono i movimenti e gli stickings adeguati per riprodurre fedelmente il suono cercato.
Ci sono tantissimi batteristi in ogni genere che, pur non essendo dei mostri di tecnica, hanno un suono pazzesco.
DP: Si può parlare di “approccio psicologico” verso uno stile?
GG :Sì! Per capire fino in fondo ciò che si suona sarebbe bene immergersi, per un lasso di tempo sufficiente, in tutto ciò che gira intorno ad un determinato tipo di musica. Come un ricercatore trascorre un anno in Australia per studiare gli “echidna” (formichiere-porcospino … boh? Mai sentito! n.d.r), così un musicista dovrebbe entrare nel vivo della cultura, delle tradizioni, del folklore che caratterizzano uno stile musicale.
Come diceva Miles Davis: “Io vivo dove la mia musica vive!”, è l’unico modo per, realmente, dare il feeling giusto a ciò che si suona. Una Bossa Nova suonata da un Europeo mai stato in Brasile non suonerà mai come quella suonata da un Brasiliano, anche se i colpi e gli accenti sono gli stessi.
E’ necessario “sentire” la giusta pulsazione per ogni genere.
DP: Perché Londra e non l’America?
GG: Innanzitutto è davvero “dietro casa” e per noi Italiani è importante (piccola pausa all’insegna di bellezze e bontà mediterranee … risate e acquolina!n.d.r). Altro motivo è la multietnicità londinese, che offre davvero la possibilità di confrontarsi col mondo intero e, di conseguenza, con la musica da tutto il globo. Infine perché la realtà didattica del Drum-Tech non è seconda a nessun’altra (senza nulla togliere alle grandi scuole sparse ovunque!) e si è sicuri di trovare organizzazione impeccabile, ambiente amichevole e stimolante, serietà e consapevolezza nel formare i migliori musicisti di oggi e di domani.
Se si vuol fare della musica la propria professione questo è il posto giusto!